parole scritte
Benedici, Signore, l’amico Chico Buarque, perché in lui e nella sua penna si manifesta il grande gioco del creato, e Carlinhos Vergueiro, l’illusionista, e Tom Jobim, che mi ha fatto vedere Rio con la bossanova dei suoi occhi e mi ha accecato. E Sergio Secondiano Sacchi anche se tifa Barça perché egli è afflato dell’immenso poetico e la poesia si è generata in lui, marinaio del fato. E benedici il brasiliano Pato.
E benedici Vinà, nostro padre e la macumba degli animali tutti usciti dal pennello dell’amico Calasans Neto e riversati in una tela tessuta in segreto, con il sole di Bahia.
E Luis Bacalov, l’ebreo, che con la sua musica rende argentina la volta celeste dei miei ricordi.
E benedici i sordi.
Benedici Ornella Vanoni, che mestamente ha messo la sua mano sulla mia perché l’Assenza fosse più leggera.
E benedici la sera.
E Silvana Antonioli che paziente dipana ogni mio dubbio lessicale.
E benedici il mare.
E la grande vecchia Nanda Pivano che passò un’ora al matrimonio di Sonia Trento ad accarezzarmi i capelli, mentre io, analfabeta, l’ascoltavo rapita: sono momenti belli.
E Sergio Bardotti, Maestro raffinato di sciarade e parossitoni, che sfiorava le ciglia con lo sguardo e si annegò nel Graal della baudite, antico bardo.
E Pablo Neruda con le sue bare a vela che ogni giorno si riversano nei nostri miseri porti, e Chagall, che fa volare l’amore nel blu dell’oblio per farci capire che non siamo morti.
E benedici Enrico de Angelis, musicofilo e archivista, poiché sarà l’unico a ridarci un’identità consolatoria quando la demenza senile lascerà in noi dei vuoti di memoria… Vuoti a perdere.
Di gente senza storia.
Benedici Bolo, il valtellinese, con il pennino sciamanico, la lingua cactus e il vino migliore del mio.
E Bibi Bertelli, la rossa, che ha negli occhi il sole e respira sale.
E benedici l’amore che è la più grande delle benedizioni.
Benedici le buone intenzioni di cui è lastricato il mondo.
E Vincenzo Mollica, che trova sempre il modo di dire bene di tutti, senza essere banale, e rimane un signore in una scatola di communicatio interrupta e prezzolata.
Benedici la vita, anche quella negata.
Benedici Franco Fredi, che scrive misurato, generoso e schivo la sua storia di inchiostro, di sogni e di dolore. E Riccardo Piantoni, che, con grande eleganza e con aplomb inglese, mi regala le segrete armonie dei numeri primi.
E benedici i popoli senza confini.
Benedici gli imbecilli e gli invidiosi e i frustrati e gli ambiziosi funzionari di Enti Pubblici che gestiscono il loro potere ad personam o pro amici e diventano il verbo, il soggetto e il complemento oggetto a gloria imperitura. Perché come vedi hanno già una vita dura. Fa’ che i loro figli non rientrino mai in ritardo, quando l’itterizia li coglierà, istintivamente, come si coglie un fiore a primavera, sapendo che l’ha nutrito lo sterco di una qualche vacca compiacente. Saranno ricchi ma non avranno niente.
E questa nouvelle gauche così povera di idee e di capelli…
E benedici gli iracondi e i lussuriosi e i golosi poiché il samba della vita non ha mezze misure.
Né strade sicure.
Benedici i giornalisti che non hanno parole in proprio, fa’ che dalle loro sopite coscienze sgorghi una miracolosa sorgente di verità. Parole in libertà.
E gli artisti, tutti. E gli amici e le amiche. E le donne che danzano nel quotidiano di un bilancio che non quadra mai in una eterna capoeira.
E non viene mai sera.
E i terremotati di ogni sorta. E i tormentati. E i soli. E i nemici.
E quelli che attraversano il mondo in bici.
E grazie per avermi benedetto e tanto e, spesso, immeritatamente.
Grazie per tutti questi incontri meravigiosi, per questa marea di gente.
Ma, se ti scappa la mano, ma se ti avanza tempo, mandami, prima che io sia rinsecchita del tutto, prima che il tempo sia brutto, un nuovo amore che sappia di risate e mambo e bandoneon e forrò. E onesto, e dolce, e curioso, e paziente come un mulo ischitano o un bardotto pavese, non badare a spese, e che sia spensierato come un ventenne e generoso come lo è la vita prima che il dolore ci pieghi, prima che il cuore si spezzi in due. Prima che la mia stanchezza riposi tra due braccia: le tue.